25 gennaio 2010

Lately I find myself thinking about money.

The crisis is making me crazy. What is it, someone has understood seroiusly something? I'm not going to face a phd degree in financial economics to get a glimpse of what is happening because it has no logical sense.

So, very disgusted to see that billions of human are being grope in poverty and that the resources of the planet are sacrificed just because the money don't have a linear logic, I invented a utopian theory of money: joule theory (International Unit of energy, work and heat).

I make a clear example: If I buy a cheap shirt in a shop I can pay 10€. A very low value if I consider that the cotton that was used has needed huge quantities of water to be cultivated, which in most cases means to drain water in weak areas (the case of the Aral Sea, a time the fourth largest lake in the world and today one of the biggest disasters in the world because of the cotton cultivations) and abound in pesticides. If we look at the physical production of jersey I'm sure that the workers who have produced it are not going too well in payment and union rights. Oh, and what about those who have grown cotton? They are not going better. Dyes equal other environmental disasters. Not to mention the pollution due to transport of raw materials and products all around the world.

In short, the shirt has a very high value when you consider the energy used for each step of the production chain, plus the environmental disasters that all entails. If you calculate the cost of my shirt not in euros but in joules, it would be cheaper to buy a organic cotton (or hemp or bamboo) fairtrade shirt. I'd consume less natural resources, I would not need pesticides and not exploit human resources.

My theory on joule makes sense for the products but not for creative work. Since it not matter I'm not able to assess that in terms of quantity.

I love you.

21 dicembre 2009

18 dicembre 2009

la mia teoria dei joule

Ultimamente mi ritrovo a ragionare sui soldi.

La crisi mi sta facendo impazzire. Che cos’è, qualcuno ci ha capito seriamente qualcosa? Non mi va di dover affrontare una laurea più dottorato in economia finanziaria per avere un barlume di ciò che sta accadendo perché non ha alcun senso logico.

Così, disgustandomi assai nel vedere che miliardi di esseri umani brancolano nella povertà e che le risorse del pianeta vengono sacrificate solo perché i soldi non hanno un comprensibile valore lineare, ho inventato un’utopica teoria del denaro: la teoria dei joule (unità internazionale di misura dell’energia, del lavoro e del calore).

Faccio un esempio limpido: se compro una maglietta in un negozio cheap la posso pagare, mettiamo, 10€. Un valore decisamente basso se considero che il cotone che è stato utilizzato ha avuto bisogno di enormi quantitativi d’acqua per essere coltivato, cosa che nella maggior parte dei casi vuol dire prosciugare risorse idriche carenti (vedi il caso del Lago d’Aral, un tempo il quarto lago più grande al mondo oggi uno dei disastri più grandi al mondo a causa del cotone) e abbondare nei pesticidi. Se poi do un occhio alla produzione fisica della maglietta sto certa che gli operai che l’hanno fabbricata non se la devono passare troppo bene a salari e diritti sindacali. Ah, anche coloro che mi hanno coltivato il cotone non stanno messi meglio. Coloranti uguale altri disastri ambientali. Per non parlare dell’inquinamento dovuto al trasporto delle materie prime e del prodotto finito da una parte all’altra del mondo.

Insomma, la maglietta ha un valore altissimo se si considera l’energia utilizzata per ogni passaggio della catena produttiva più i disastri ambientali che il tutto comporta. Se si calcolasse il costo della mia maglietta non in euro ma in joule, sarebbe più conveniente comprarne una in cotone biologico (o canapa o bambù) fairtrade. Consumerei meno risorse ambientali, non avrei bisogno di pesticidi e non sfrutterei risorse umane.

La mia teoria sui joule ha un senso per i prodotti ma non sono ancora venuta a capo sul come potrei retribuire il lavoro creativo. Non essendo materico e non potendolo valutare in termini di quantità, ma di qualità, è piuttosto difficile riuscire a stabilire lo standard.


Una versione di questo articolo apparirà nel numero di gennaio/febbraio di CTRLmagazine.



9 dicembre 2009

Comprare di meno

Primo avviso per non impazzire in questo mondo e per non entrare in un circolo vizioso da cui non si esce vivi.

Da un sei mesi non compro più vestiti, l'unica eccezione sono un paio di calze ultracoprenti che ho dovuto acquistare settimana scorsa per andare alla Scala di Milano
. Forse ho comprato anche un paio di leggins neri a settembre sempre per un motivo del genere. Di vestiti ne ho in abbondanza e di seguire le mode del momento non me è mai fregato sinceramente troppo. Trovo che le mode siano il modo più subdolo per convincerti a lavorare un sacco per poi comprarti vestiti che dovrebbero farti sentire a tuo agio. E' una follia che si perpetua da troppo tempo.
Forse il mio stile è particolare e non faccio un lavoro che implica un abbigliamento adatto alla situazione. Alla redazione del mio giornale posso andare vestita da tirolese coi tacchi a spillo o da ginnasta anni '80 che più meno non se ne accorge nessuno. Vi informo solo che il mio direttore ama la tecno più di sua madre e che il caporedattore è figlio dell'hip hop new school, niente a che vedere con gente inquadrata sul vestiario.
Perciò sono avvantaggiata, lo so. Penso comunque che lo stile stia nel portamento e non sempre nelle cose che indossi, ragion per cui se avete gli armadi pieni vi consiglio di leggere un bel libro piuttosto che comprare vestiti che si accumuleranno nella sfilza di quelli che avete già.
Non è difficile.
Tutto sta nel riadattare.
Anche le gonne tirolesi possono avere un fascino. Giuro.

8 dicembre 2009

Per cominciare abbiamo cambiato i colori del layout, cercando di seguire quelli che suggerisce il motore di ricerca Blackr. Nero per lo sfondo, bianco per i testi scritti. Un po' di verde qua e là. Qualche tocco di arancione scuro.
Troviamo che sia elegante e che non stanchi la vista, inoltre dovrebbe far risparmiare energia all'utente e di conseguenza al pianeta, come viene sostenuto nell'articolo di Mark Ontkush del 20 Gennaio 2007.
Un piccolo sforzo che ha reso il nostro blog più figo e più ecocompatibile.

Eccoci.
Siamo due illusi o siamo sue realisti che sconfineranno con le loro idee?
Prima di tutto siamo una coppia di persone che vogliono cambiare qualcosa.
Questo blog seguirà passo passo le azioni che ci porteranno a diventare sostenibili, a ridurre sempre di più lo zaino di porcherie che ogni occidentale è costretto a portarsi sulla schiena.
Diventare sostenibili non è difficile ed è anche molto divertente.
Speriamo che con il nostro esempio potremo convincere altre persone a fare delle piccole scelte ogni giorno e se così fosse, evviva!, potremmo dire che le nostre vite sono valse a qualcosa.